venerdì 13 gennaio 2017

Il passaggio, Sibilla Aleramo.

Il passaggio, Sibilla Aleramo.
Firenze, R. Bemporad & Figlio, Editori. 1921.

Trama;
Dopo il tentativo attuato con "Una donna" di trasformare le vicende personali in un messaggio di rivolta sociale, Sibilla Aleramo con questo secondo romanzo ritorna sulla propria vita per sviscerare stati d'animo e sentimenti, per confessarsi e testimoniare la centralità della categoria dell'amore. "L'autrice parla a se stessa ora con voce imperiosa, ora con voce dolente, a volte in prima a volte in terza persona: spesso narra usando il discorso diretto, spesso no, così come lampi e rievocazioni si affacciano senza filo cronologico, come uno srotolarsi di memorie" scrive Bruna Conti. "'Il passaggio' è una rievocazione lirica nella quale si frantuma l'elemento narrativo, per permettere al documento di diventare canto, prosa poetica, non aliena dal frammentismo vociano che è evidente sia nella scelta autobiografica sia nell'atteggiamento fortemente etico che lo detta sia nello stile che cerca la musicalità della parola e l'indagine struggente dell'intimo. Le vicende non vengono stravolte - anzi continuamente ne viene rivendicata l'autenticità e affermata la verità - ma si dilatano, grazie alla tensione lirica che Sibilla estorce a esse."

Citazioni; [libro letto il 12\01 e 13\01]

  • Fuori, nel buio, qualcosa dilegua, ad ogni istante muore. Lontane ugualmente da me la morte e la vita, s'io alfine parli. Ma come se quest'ora tuttavia fosse la mia ultima. Come s'io non dovessi mai più ritrovarmi nuova sotto la carezza dell'aria. E' l'ora nostra, o mio federe, ferma come le acque là tra i giunchi dove le stelle riposano.
  • Io non so se i nomi di cui mi servo per tutte le cose di cui parlo sono i veri. Sono stati creati da altri, tutti i nomi, per sempre. Ma quel che importa non è nominare, è mostrare le cose.
  • Si amavano perché non si somigliavano, perché tutto dell'uno meravigliava l'altro. 
  • E forse nessuno ha colto su le mie labbra questo sospiro in cui io son tutto e nulla.
  • La notte era per me fin d'allora una immensa pupilla bruna, era la vita che si addensava perché i figli e le figlie della terra la fissassero senza paura, infinite costellazioni di occhi. E se la malvagità non è nelle tenebre, non può essere neppure nei cuori degli uomini.
  • Sono ancora, ecco, la bambina che restava la sera tante volte sveglia tardi nell'ombra, per voler accorgersi dell'istante in cui sarebbe entrata nel sonno.
  • Avevo voluto esser io, non per distinguermi ma per sentirmi degna di confondermi nel tutto: non per credere in me ma per poter credere nella vita.
  • C'è un ramo di mandorlo in fiore sul mio tavolino; e il suo profumo di miele, la più inesprimibile dolcezza che i miei sensi attraverso le primavere abbiano attinta, e la sua grazia miracolosa dànno forse in questo momento alla mia memoria luci che nella realtà di quel tempo io non percepivo.
  • Che tu creda a questo mio cuore come a cosa che arde più del sole, e che tu sappia, di giorno e di notte, ad ogni istante, che i miei occhi, pur nel sonno, hanno la visione del tuo sorriso; il tuo sorriso, che forse non fiorirà mai presso il mio volto; un sorriso fiero, o mio amore.
  • Anima, tu sai patire anche questo. Eri sola e muta quando sorgesti dal nulla, e non hai terrore se nel nulla dovessi rientrare muta e sola. Hai vissuto, sei stata fiamma, lo sei in quest'attimo che può essere il tuo ultimo - e altro non chiedi.
  • Se il vento qualche mattino mette un poco di fretta alle nuvole, la donna che passa sotto i pini crede udire il pianto del mare.
  • Manca a tutti costoro una piccola cosa, ch'è forse il segreto della mia forza: la semplicità. Così penso. Il valore della vita sfugge loro. Hanno una blanda o aspra sete d'oblio, non hanno volontà di esistere, di stringere l'esistenza al petto per comunicarle il proprio ardore. C'è caldo nei costri cuori, come nel mio?
  • Ero un'esistenza, non ancora una resistenza.

0 commenti:

Posta un commento