venerdì 13 gennaio 2017

Dal giardino all'Isonzo, Fernando Agnoletti.

Dal giardino all'Isonzo, Fernando Agnoletti.
Pubblicato dalla libreria della voce, Firenze 1917.

Autore;
Fernando Agnoletti (Firenze6 marzo 1875 – Firenze25 novembre 1933) è stato uno scrittore e giornalista italiano.

Malato di cancro, durante l'ultima degenza ospedaliera, fu visitato più volte dalla Negri che gli fece dono di un rosario d'argento. Fernando chiese i conforti religiosi e volle portare con sé il rosario nella tomba. Dopo la sua morte, la Negri compose per lui una delle sue liriche più belle I due rosari.
« Avevo due rosari / d’argento, con la piccola medaglia / della Beata Vergine di Lourdes. / Uno a te lo donai perché ti fosse / compagno nelle notti in cui più il male / t'era martirio, e con lo scorrer dolce / dei chicchi fra le dita, nel pensiero di Dio / placasse in te spirito e carne / fratello. // All'un de' polsi tu volesti / quel rosario scendendo al tuo riposo / primo ed estremo: ché altra sosta il mondo / fuor della tomba aver non ti concesse. »
(A. Negri, I due rosari)





Citazioni; [libro letto il giorno 13\01]

  • Aspetto anch'io. L'anima è aperta ai ricordi come le nari al polline. Mi vengono difondo ai cespugli, mi salgono dal cuore. Il cuore duole ma non è stanco. Le speranze e qualche fiore si chiudono accanto a bocci nuovi. L'anima rabbrividisce vicina ai silenzi odorosi. Quando la sera è scesa l'ombra del giardino è costellata di rose bianche.
  • Chi non fa non è libero.
  • Dimenticanza della terra, dimenticanza della vita, dimenticanza del sole.
  • Ma, e chi ama la vita? Ama la terra, seminata e falciata, piantata e vendemmiata, dove la vita è morte, la morte è vita. Terra e mare e cielo, ecco i tre amori che amo, per faticare per respirare, per guardare senza sogni.
  • O che altro si chiama questo se non redenzione? Dunque chi mi redime? I ricordi dicono i ricordi : la primavera dice l'anima in boccio del mio bambino. Pigliali per la coda i ricordi! Quando siamo poco lontano dai giorni che si dormiva in collo alla madre e si dorme ancora sul seno del destino l'unica cosa che si fa e poi si ricorda è l'amore.
  • Un mese era passato e mi giunse la foglia promessa della Quercia del Tasso. La lettera breve confermava : Non scriva, non si faccia vivo. Io, credulo e romantico, ( oggi odio il romanticismo sempre, dovunque, comunque ) dissi : E' inutile. E non mi feci più vivo davvero. Ma se invece di diciannove anni ne avessi avuti quindici di più coi diversi sverni nell'Europa Giovane...Vero è che chi giudica non ama. E se non avessi amato che buio sulla mia vita! Grazie lo stesso.
  • Nella dolorante menzogna del poeta geme e vive la dolorante verità.
  • Dobbiamo cercare la vita nostra nuda; non far cadavere la vita degli altri che vivono. Perché si piange in tanti? Non ci hanno fatto altro male che vivere.
  • Tristezza. Eccomi con l'anima disancorata. E' stato un addio triste. L'addio non a chi partiva: piuttosto a chi spariva.
    Addio.
  • E' la forza d'Italia questo traboccar da ogni cuore lacrime o riso: prodighiamo amore dolore e vita senza esaurirci. Ricordiamoci, noi che amiamo il paese nostro, voi che dite di amarlo, che tutto dev'essere dato, tutto inteso a che la patria arda sempre in fiamma di vita e passione. Non porgete esempio nè consiglio di saviezza arida, di senso comunque volgare. Proclamate la bellezza del sogno e dell'anelito d'amore, la santità dell'odio pei vili, e sprezzate e schiacciata le animule pratiche e perfide. Sono i soliti liberti, seme di schiavi, che servano agli eroi l'amaro sorso.
  • E' vecchio e povero il babbo, ma ai suoi fiori non gli manca mai nulla. E più s'invecchia, più ci somigliamo: due inermi; felici dell'inganno delle cose; l'illusione ci basta. Se dovrò sopravvivergli vuol che gli scriva sulla tomba "Fidem Servavi" [conservatori di speranze]
















Il passaggio, Sibilla Aleramo.

Il passaggio, Sibilla Aleramo.
Firenze, R. Bemporad & Figlio, Editori. 1921.

Trama;
Dopo il tentativo attuato con "Una donna" di trasformare le vicende personali in un messaggio di rivolta sociale, Sibilla Aleramo con questo secondo romanzo ritorna sulla propria vita per sviscerare stati d'animo e sentimenti, per confessarsi e testimoniare la centralità della categoria dell'amore. "L'autrice parla a se stessa ora con voce imperiosa, ora con voce dolente, a volte in prima a volte in terza persona: spesso narra usando il discorso diretto, spesso no, così come lampi e rievocazioni si affacciano senza filo cronologico, come uno srotolarsi di memorie" scrive Bruna Conti. "'Il passaggio' è una rievocazione lirica nella quale si frantuma l'elemento narrativo, per permettere al documento di diventare canto, prosa poetica, non aliena dal frammentismo vociano che è evidente sia nella scelta autobiografica sia nell'atteggiamento fortemente etico che lo detta sia nello stile che cerca la musicalità della parola e l'indagine struggente dell'intimo. Le vicende non vengono stravolte - anzi continuamente ne viene rivendicata l'autenticità e affermata la verità - ma si dilatano, grazie alla tensione lirica che Sibilla estorce a esse."

Citazioni; [libro letto il 12\01 e 13\01]

  • Fuori, nel buio, qualcosa dilegua, ad ogni istante muore. Lontane ugualmente da me la morte e la vita, s'io alfine parli. Ma come se quest'ora tuttavia fosse la mia ultima. Come s'io non dovessi mai più ritrovarmi nuova sotto la carezza dell'aria. E' l'ora nostra, o mio federe, ferma come le acque là tra i giunchi dove le stelle riposano.
  • Io non so se i nomi di cui mi servo per tutte le cose di cui parlo sono i veri. Sono stati creati da altri, tutti i nomi, per sempre. Ma quel che importa non è nominare, è mostrare le cose.
  • Si amavano perché non si somigliavano, perché tutto dell'uno meravigliava l'altro. 
  • E forse nessuno ha colto su le mie labbra questo sospiro in cui io son tutto e nulla.
  • La notte era per me fin d'allora una immensa pupilla bruna, era la vita che si addensava perché i figli e le figlie della terra la fissassero senza paura, infinite costellazioni di occhi. E se la malvagità non è nelle tenebre, non può essere neppure nei cuori degli uomini.
  • Sono ancora, ecco, la bambina che restava la sera tante volte sveglia tardi nell'ombra, per voler accorgersi dell'istante in cui sarebbe entrata nel sonno.
  • Avevo voluto esser io, non per distinguermi ma per sentirmi degna di confondermi nel tutto: non per credere in me ma per poter credere nella vita.
  • C'è un ramo di mandorlo in fiore sul mio tavolino; e il suo profumo di miele, la più inesprimibile dolcezza che i miei sensi attraverso le primavere abbiano attinta, e la sua grazia miracolosa dànno forse in questo momento alla mia memoria luci che nella realtà di quel tempo io non percepivo.
  • Che tu creda a questo mio cuore come a cosa che arde più del sole, e che tu sappia, di giorno e di notte, ad ogni istante, che i miei occhi, pur nel sonno, hanno la visione del tuo sorriso; il tuo sorriso, che forse non fiorirà mai presso il mio volto; un sorriso fiero, o mio amore.
  • Anima, tu sai patire anche questo. Eri sola e muta quando sorgesti dal nulla, e non hai terrore se nel nulla dovessi rientrare muta e sola. Hai vissuto, sei stata fiamma, lo sei in quest'attimo che può essere il tuo ultimo - e altro non chiedi.
  • Se il vento qualche mattino mette un poco di fretta alle nuvole, la donna che passa sotto i pini crede udire il pianto del mare.
  • Manca a tutti costoro una piccola cosa, ch'è forse il segreto della mia forza: la semplicità. Così penso. Il valore della vita sfugge loro. Hanno una blanda o aspra sete d'oblio, non hanno volontà di esistere, di stringere l'esistenza al petto per comunicarle il proprio ardore. C'è caldo nei costri cuori, come nel mio?
  • Ero un'esistenza, non ancora una resistenza.

giovedì 12 gennaio 2017

Meditazioni d'un pazzo, Mario Mariani.

Meditazioni d'un pazzo, Mario Mariani.
Editrice Sonzogno, Milano, 1949.



Trama;
E fra i pazzi, qualcuno medita. Più pazzo degli altri, direte voi. Può darsi, rispondo, ma pazzo a modo suo; non secondo la moda.
Io sono rimasto nudo e solo.
Niente ormai più per me era sacro.
Niente ormai più era certo.
Niente ormai più era dimostrato.
Ero nudo, solo, vergine.


Citazioni; [Letto dal 11\01 al 12\01]

  • Non credevo più a nulla. Un bambino, parlando con me un giorno, ha seminato tutta la mia strada di perché.
  • Ma quale meraviglia se il mio cervello ha cominciato a oscillare sull'orlo dell'abisso?
  • E soprattutto voglio dire agli uomini che essi mi fanno pena.
  • Dove finisci la ragione? Dove comincia la pazzia? Non esiste la ragione. Esistono soltanto varie forme di pazzia. 
  • Morire per le proprio idee? Torna il conto? Non val meglio vivere ridendo delle idee degli altri? Però bisogna isolarsi. Andarsene.
  • L'eroe vero è il vincitore. Colui che tende a una meta e la raggiunge.
  • Noi siamo i maledetti dal Destino. Siamo una generazione d'avviliti, d'inquieti, di tormentati. 
  • E nel mondo non c'è più nulla di sano, di normale. C'è soltanto stramberia, nevrosi ed esasperazione.
  • Non è nella mia testa che c'è il disordine, no : è nella vita.
  • E guardava spesso lontano. Tanto che io temetti fosse innamorata dell'orizzonte. 
  • Non è vero che gli assenti abbian sempre torto; hanno sempre ragione. Perché essi rappresentano la memoria o la speranza: le sole due cose belle della vita. 
  • La teoria del "carpe diem" è sciocca. Poche volte l'attimo fuggente ci soddisfa al punto da gridargli "arrestati, sei bello!".
  • Io sono un sensuale, signore. Anche voi? E allora saprete meglio di me che basta un nonnulla, il tocco d'un polpastrello, la lieve pressione d'un unghia, al momento opportuno, nel punto giusto, per fare svenire di felicità una creatura. Ma ognuno di noi sente in un modo suo particolare. Siamo strumenti delicatissimi e diversi. Tra un uomo e un altro, tra una donna e un'altra, c'è più differenza che non tra un pianoforte e una cetra. 
  • Le parentesi sono i viottoli ombrosi e ammalianti dell'idea, di fianco alla strada maestra...talvolta ci si scorda della strada...
  • Avrei voluto non essere niente, non avere niente.
  • L'ipocrisia non è altro che la paura di mostrarsi quello che si è veramente.
  • Si è liberi soltanto quando non si ha paura.
  • Di una cosa soltanto ho paura, talvolta: di no vincere se i nemici son troppi. Di una sola persona ho paura talvolta: di me stesso.
  • E' grande solo colui che è solo.
  • Tu sei infelice perché ridi sempre.
  • La pazzia ha fatto versare fiumi d'inchiostro.
  • Per un miracolo d'intuizione che non riesco ancora a spiegarmi, io ho saputo, senza che nessuno m'avesse insegnato niente, tutta la vita, sulla soglia della vita. E ne ho sofferto come d'un male mio.
  • M'ha detto un gaudente che la vita è una collana di perle, io ho saputo troppo presto che ogni perla è una lacrima spremuta dall'amore, raggelata dal dolore.
  • Io penso invece che anche il fiore di fango ha un profumo; specialmente quando i fiori di serra sono avvelenati e i fiori di campo non esistono più.
  • Creda: la vita è un gran brutto paese.
  • I pazzi di fuori hanno soppresso la libertà di pensiero, la libertà di stampa, la libertà di vita. E noi ci siamo rinchiusi in un manicomio per pensare a modo nostro.
  • Dunque allora nulla può dimostrarsi.
    Nemmeno questo : che nulla può dimostrarsi.
    E allora?! SILENZIO.

Il libro dei morti e dei vivi, Alfredo Panzini.

Il libro dei morti e dei vivi, Alfredo Panzini.
A. Mondadori - Editore, anno 1895.
Dedicato a Maurice Muret, con riconoscenza per aver ricordato questo obliato racconto.

Citazioni; [libro letto dal 9\01 al 11\01]


  • Le rose fioriscono sempre e questo è un buon segno. D'inverno il rosaio sembra morto; ma io cerco, cerco anche sotto la neve. Ebbene, lo crederesti tu? ve n'è sempre qualcheduna, poverina, che sboccia. E questo è un buon segno. Vuol dire che la vita non è morta. E quando di maggio tutte le rose fioriscono, io dico : Così fiorirà la nostra casa quando verrà il maggio anche per lei: io forse allora non vi sarò più; ma tu cercami, cercami qui intorno e mi troverai.
  • Gli uomini o devono raggiungere un alto scopo o devono morire, cioè svolgere fino alla consumazione dei secoli la parabola dei loro rinnovati errori. Anche quel mezzo milione di plebe variopinta e urlante che mi fluttuava intorno per le vie di Napoli, non aveva ragione di essere se non rinnovata e purificata. O essere così o non essere.
  • Uno, due e tre; lasciavo la terra ed ero bell'e spedito per il paese delle più inverosimili fantasticherie. Ma come si stava bene lassù! come tutto si faceva più leggero e più facile! Le cose e gli uomini che prima mi pesavano da ogni parte e mi stringevano più che Don Rodrigo dalla calca dei cenciosi, adesso non li sentivo più. Ero libero perché ero lontano dalle cose vere. Ma dove? Fuor di dubbio nel paese dei sogni.
  • Finalmente, o meravigliosa notte, eri venuta e mi aveva ravvolto delle tue ombre, ed io ero entrato nel bagno delizioso e profondo delle tue tenebre.
  • Forse pensò che era meglio, finché gli era concesso, vivere ne la vita come in un sogno perché così più si avvicina al sonno de la morte.

martedì 3 gennaio 2017

Martino e i contrabbandieri, W. Oellers.















S. Martino, San Martino,
San Martino nella neve e nel vento cavalcava,
nella neve e nel vento il suo cavallo lo portava,
quand'ecco a un tratto sotto il bianco mantello
appare lacero e scarno un poverello...
dinanzi al Santo egli rimase muto
ma quanto, quanto ha bisogno d'aiuto!
il gelo già per lui schiude le porte
le porte oscure e fredde della Morte!
Di scatto San Martino s'arresta dinanzi al poverello,
e taglia con la spada metà del suo mantello...



Martino e i contrabbandieri, W. Oellers. 
Collana "Tolle et lege" 1942.

Trama;
Il libro di per sè non presenta una trama, quindi riporterò di seguito i titoli dei capitoli.

  1. Prime avventure dei piccoli amici Martino e Matilde.
  2. Incontro con Hein, detto lo spilungone.
  3. Il babbo racconta una strana storia.
  4. Si prepara qualche cosa di bello, ma nel cuore di Martino c'è una nuova pena.
  5. La fiera autunnale: lo zio promette un viaggio in città.
  6. Cose meravigliose.
  7. La casa si fa più silenziosa.
  8. Un'avventura pericolosa suscita nuove ansie.
  9. Martino sente parlare di un grave dolore.
  10. La storia di un'audace avventura di contrabbandieri.
  11. Il paese in fiamme.
  12. La piccola Luisina piange.
  13. Il giudizio di Paola per volontà di Martino.
  14. Martino cerca una scappatoia.
  15. Qualcuno si immola.

[Letto dal 26\12 al 3\01]
Citazioni;

  • Forse Martino non conosceva bene il valore di queste parole, ma sapeva però, che cosa significava portare quella sensazione di gelo, d'isolamento, che lo colpiva al cuore quando più avvertiva la sorda ostilità che lo circondava.
  • Scrivendo, gli pareva che i pensieri cattivi, come tante farfalline nere se ne volassero via dal suo cuore e dal suo cervello.
  • La solitudine lo attendeva, perché non avrebbe avuto più accanto la dolce compagnia della sua piccola amica e di nuovo, l'ostilità del mondo che lo circondava, come una morsa si sarebbe stretta attorno a lui.
  • Sono i migliori che devono morire perché gli altri acquistino esperienza, diventino migliori e vivano. 
  • Quel senso d'inquietudine, di vigile attesa che era nel mondo raggiungeva a ondate vaghe a quando a quando il giardino. I battenti di una finestra si chiusero... lontano si udì l'abbaiare di un cane. Sempre più indecisi e sfumati si fecero i contorni del paesaggio; fra i rami del melo apparve la luna.
  • E' proprio così - disse lo zio - il tempo se ne va anche se gli uomini stanno fermi, perché non se ne preoccupava, quasi non avesse niente a che fare con l'umanità.
  • Che cos'è infine il tempo? Non si può vederlo, né gustarlo, né sentirlo. E nemmeno è possibile difendersene, pur se si è potenti imperatori o re, pur se a raccolta contro il suo misterioso potere venisse chiamata tutta la scienza del mondo. Ce lo troviamo addosso semplicemente, silenziosamente, e la nostra volontà non ci può far nulla. Il tempo! Non si sa da dove venga, non si sa dove vada e nemmeno se realmente esista. Vorremmo liberarcene, ma in realtà senza il tempo, che cosa potremmo fare nella vita? Ed è da questa nostra vana lotta contro il tempo che derivano la nostra stupidità e i nostri pensieri limitati.
  • Giustamente mi diceva quell'uomo :" E' come se i secondi venissero creati per morire, come se vivessero soltanto in attesa della morte." E' vero ed allora si ha la netta percezione del vincolo che ci lega ad ogni secondo e come ogni attimo muoia anche dentro noi stessi. E non si può far niente. E si rimane buttati là come cenci con tutti i propri muscoli e nervi, col proprio cervello, lo spirito, l'intelligenza, la volontà e l'attività.
  • Che valore e che significato avrebbero mai potuto avere la saggezza dei suoi pensieri e l'avvedutezza delle sue parole davanti al dramma di un mondo che pareva non predicasse altro che odio?
  • Se si chiedeva - che cos'è la morte? - ben a ragione si doveva anche domandare: - che cos'è la vita?
    Chi conosceva a fondo l'animo umano, ed era sicuro di ogni palpito del proprio cuore, doveva sapere che la vita spirituale delle creature umane è sostenuta da una sola, possente misteriosa forza: la speranza. Esiste forse nel mondo un solo essere che non sappia che cosa voglia dire sperare?
    - No, nessun essere potrebbe vivere al mondo se non fosse sorretto dalla speranza, seppure sotto aspetti diversi e mutevoli a secondo dell'animo e delle aspirazioni dei singoli individui.
  • Troppi ricordi aveva del tempo di guerra, l'anima del vecchio vagone per non capire a quale uso sarebbe stato destinato, ma se si sentì immalinconire al pensiero che non avrebbe più potuto vedere le lucidi rotaie in fuga e che mai più avrebbe potuto conoscere nuovi orizzonti; giudicò anche che infine c'era da rallegrarsi, se invalido com'era, veniva ritenuto ancora degno di essere utilizzato e non condannato a morire come un vecchio inutile rottame. Così, notte per notte, nel suo caldo corpo protettore il vecchio vagone diede asilo a tedeschi di ogni regione ed udì strane vicende ed ogni genere di racconti sui tempi che correvano; nulla domandava l'asilo ospitale a coloro che accoglieva; né i loro nomi, né i luoghi da dove venivano, né perché si fossero ridotti in quelle condizioni; senza far distinzioni di sorta, accoglieva in silenzio chiunque si accontentasse di quel poco che gli veniva offerto.
  • Ricordi confusi tornavano, emergendo dalle intricate oscurità della memoria con un frullo d'ali giocondo nella tristezza dell'ora presente.
  • Accanto al libro di latino c'era l'atlante; era bello girovagare per terre lontane, soffermandosi di quando in quando in paesi sconosciuti, dai nomi che affascinavano l'immaginazione, standosene lì quieti quieti al calduccio della stufa; si voltava un foglio e subito di era in un altro paese del mondo, o chiudendo il libro, si rimaneva a sognare ad occhi aperti di terre lontane.
  • Pareva che nel cuore degli uomini qualche cosa dell'antica serenità fosse tornata, della fedeltà ai ricordi, come una nostalgia dolente di una felicità conosciuta soltanto in sogno.
  • Quando le preoccupazioni materiali diventavano l'assillo quotidiano, pare che ogni senso di poesia e di bellezza della vita si estingua.
  • Qualche cosa di incredibilmente grande e possente gli sorse dinanzi alle pupille; eran scene fantastiche di eroici e intrepidi ragazzi, quelli che s'incontravan nei racconti e nei libri di storia e ora gli sorgevan dal cervello invaso da una specie di frenesia; eran le creature che lottavano per i propri diritti, splendenti in una luce di sublimità. 
  • Era come se tutto intorno tacesse e più nulla accadesse nel mondo.

Nel libro molto si parla della festa di San Martino festeggiata l'11 Novembre in Germania.
L'usanza basilare sta nel crearsi delle lanterne da accendere in un pellegrinaggio nella città; 
Ecco un video: https://www.youtube.com/watch?v=w93OlNCm-d8 .